PREMI DI RISULTATO E WELFARE AZIENDALE

L’Agenzia delle entrate, con circolare n. 28/E/2016, interviene sul tema della tassazione agevolata dei premi di risultato e delle somme derivanti dalla partecipazione agli utili nonché sullo sviluppo del welfare aziendale. Si tratta di disposizioni che interessano diverse componenti di reddito di lavoro dipendente, collegate tra loro da un disegno di legge unitario, finalizzato a ridurre l’onere fiscale gravante sul lavoro subordinato, sia a favore dei dipendenti sia, in alcuni specifici casi, a favore dei datori di lavoro, per il risparmio degli oneri contributivi dovuto all’ampliamento delle componenti escluse dal reddito di lavoro dipendente e alla possibilità di dedurre, nella determinazione del reddito, spese sostenute per il welfare aziendale soggette in precedenza a limitata deducibilità.

La detassazione rappresenta una misura strutturale, che non richiede per gli anni a venire alcuna ulteriore regolamentazione.

La detassazione

La circolare ricorda come la Legge di Stabilità per il 2016 abbia reintrodotto a decorrere dal 2016 un sistema di tassazione agevolata, consistente nell’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali del 10% per i premi di produttività del settore privato. I dipendenti interessati sono i soggetti che, nell’anno precedente la percezione della somma detassabile, abbiano conseguito un reddito di lavoro dipendente (comprese le pensioni di ogni genere e gli assegni equiparati) non superiore a 50.000 euro, anche se derivanti da più rapporti di lavoro, esclusi i redditi assoggettati a tassazione separata. Devono essere conteggiate anche le retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti impegnati all’estero, anche se non assoggettate in Italia. Rientra nel computo della soglia reddituale di 50.000 euro anche la quota maturanda di Tfr richiesta dal lavoratore e liquidato in busta paga (QuIR).

La verifica del limite prende in considerazione il reddito soggetto a tassazione ordinaria, con esclusione di eventuali redditi a tassazione separata. Per espressa previsione dell’articolo 1, comma 3, D.M. 25 marzo 2016, il reddito è determinato al lordo delle somme assoggettate nel medesimo anno all’imposta sostitutiva. Nel caso in cui il lavoratore, se previsto dall’accordo di secondo livello, scelga le prestazioni di welfare in luogo del premio, quest’ultime sono escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, nei limiti previsti dall’articolo 51, Tuir, commi 2 e 3. Il regime agevolato è applicabile anche nel caso in cui non sia stato conseguito alcun reddito di lavoro dipendente.

Per poter applicare la detassazione su premi di risultato e partecipazioni agli utili, è necessario che, in entrambi casi, siano stati istituiti e regolamentati da contratti aziendali o territoriali. Rispetto alle versioni degli anni passati, per specificare quali accordi collettivi di secondo livello abbiano potere di regolamentazione, il comma 187 della Legge di Stabilità rimanda ai contratti aziendali o territoriali dettagliati nell’articolo 51, D.Lgs. 81/2015.

In base a tale disposizione, tali contratti possono essere sottoscritti da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero, a livello aziendale, dalle loro RSA ovvero dalla RSU.

Variabilità dei premi

Al fine, poi, dell’applicazione del beneficio fiscale, ricorda la circolare, è necessario che i premi variabili di produttività siano ancorati alla previsione di criteri di misurazione e verifica degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, che possono consistere nell’aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell’orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto a un periodo congruo definito nell’accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

Tali risultati devono poter essere misurati in un periodo congruo, definito dall’accordo collettivo, e sulla base la verifica di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati.

Non possono essere oggetto dell’agevolazione, quindi, maggiorazioni retributive modali, come compensi per lavoro straordinario, notturno o festivo. La caratteristica della variabilità delle somme non deve essere intesa come progressività dell’erogazione in base al raggiungimento dell’obiettivo: è possibile prevedere, infatti, un premio fisso, senza alcuna gradualità, nel momento in cui vengono raggiunti i risultati attesi.

Nel determinare i premi di risultato, deve essere computato l’eventuale periodo obbligatorio di congedo di maternità se hanno rilevanza le presenze per la maturazione del premio.

L’imposta sostitutiva

L’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali regionale o comunale, pari al 10% dei premi e somme erogate dal sostituto d’imposta, opera entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro sia per i premi di risultato che per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti. L’importo può essere incrementato a 2.500 euro qualora i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipino, con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consenta di migliorare le condizioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro.

Come in passato, le somme assoggettate a imposta sostitutiva non concorro a formare il reddito complessivo e, pertanto, non rilevano ai fini delle detrazioni. L’esclusione dal reddito complessivo di tali somme incide favorevolmente anche sulla spettanza del bonus Irpef (c.d. bonus Renzi), posto che le somme assoggettate a imposta sostitutiva non devono essere computate nel reddito complessivo al fine di calcolare l’importo del credito spettante in relazione alla soglia di 26.000 euro. È però opportuno ricordare che le medesime somme rilevano a favore del contribuente nei casi in cui il diritto a percepire il bonus venisse meno non per assenza del requisito reddituale, ma per assenza di imposta da versare, e rilevano anche ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (Isee). In luogo dei premi in danaro i lavoratori possono optare per ricevere il medesimo valore in welfare aziendale, anche mediante documenti di legittimazione (voucher) nominativi, non frazionabili e non cedibili a terzi.

Il welfare aziendale

La Legge di Stabilità è intervenuta anche nel ridefinire (articolo 51, comma2, lettera f, f-bis, f-ter e comma 3-bis) le erogazioni del datore di lavoro che configurano anche il c.d. welfare aziendale. Si tratta di prestazioni, opere, servizi corrisposti al dipendente in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale escluse dal reddito di lavoro dipendente messe a disposizione della generalità dei dipendenti o dei confronti di un gruppo omogeneo di dipendenti. In base alla nuova formulazione del Tuir, le erogazioni di benefit – per la finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto – in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale determina, oltre la non imponibilità fiscale e contributiva per i lavoratori e i datori di lavoro, la piena deducibilità dei relativi costi da parte dell’azienda. La norma interviene anche nella riscrittura, come detto, della lettera f-bis, comma 2, articolo 51, ampliando e meglio definendo i servizi di educazione e istruzione fruibili dai familiari del dipendente anche fiscalmente non a carico. Il nuovo testo, in particolare, consente di comprendere tra i servizi di istruzione e educazione, oltre agli asili nido già previsti in precedenza, le scuole materne e include, in sostituzione delle “colonie climatiche”, “centri estivi e invernali” e “ludoteche”. Rimane la menzione alle borse di studio a favore dei familiari dei dipendenti, per cui continuano ad essere escluse dalla base imponibile le erogazioni di somme corrisposte per assegni, premi di merito, rette scolastiche (comprese le rette universitarie) rimborsate al lavoratore nonché gli incentivi economici agli studenti che conseguono livelli di eccellenza nell’ambito scolastico. La norma, poi, nell’intento di conciliare le esigenze di vita familiare del dipendente con quelle lavorative, consente di escludere dalla base imponibile (fiscale e previdenziale) le prestazioni di assistenza per i familiari anziani (soggetti che abbiano compiuto 75 anni) e per quelli non autosufficienti. Come già anticipato, i richiamati benefit possono essere erogati anche mediante voucher: tale previsione è forse la più innovativa e foriera di reale semplificazione. I suddetti documenti, connotati da un valore nominale, non configurano denaro e devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, pertanto non possono essere emessi a parziale copertura del costo e non possono rappresentare più prestazioni, opere o servizi. I voucher richiedono la previa intestazione del titolo all’effettivo fruitore del benefit anche nei casi di utilizzo da parte dei familiari del dipendente.

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.