GLI OMESSI VERSAMENTI DELL’IVA DERIVANTE DALLE LIQUIDAZIONI PERIODICHE E GLI AVVISI DI LIQUIDAZIONE SPEDITI VIA PEC DALL’AGENZIA DELLE ENTRATE

A decorrere dal 1° gennaio 2017 è entrato in vigore l’obbligo di comunicazione telematica delle liquidazioni periodiche Iva, con cadenza trimestrale (ai sensi dell’articolo 21-bis, D.L. 78/2010 e del provvedimento n. 58793 del 27 marzo 2017).

Relativamente al primo trimestre 2017, il cui invio scadeva lo scorso 12 giugno 2017, l’Agenzia delle entrate ha dapprima avvisato, nel mese di luglio, i contribuenti (con una lettera di invito alla compliance) dell’eventuale presenza di incoerenze relativamente ai versamenti dell’Iva dovuta e successivamente, nel mese di settembre, ha richiesto l’Iva omessa con un avviso bonario emesso ai sensi dell’articolo 54-bis, D.P.R. 633/1972, inibendo di fatto dalla data di ricevimento dell’avviso la facoltà di fruire del ravvedimento operoso.

La ricezione via pec dell’avviso bonario e la possibilità di fruire del pagamento rateale

Ai sensi dell’articolo 21-bis, comma 5, D.L. 78/2010 l’Agenzia delle entrate può provvedere, anche prima della dichiarazione annuale Iva, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto indipendentemente dalla presenza di un pericolo per la riscossione previsto normativamente dall’articolo 54-bis, comma 2-bis, D.P.R. 633/1972.

Grazie all’incrocio tra i dati contenuti nelle liquidazioni periodiche Iva inviati entro il 12 giugno 2017 ed i versamenti dell’Iva effettuati, l’Agenzia delle entrate ha emesso dapprima le lettere di compliance e, per i contribuenti che non hanno ravveduto immediatamente i versamenti omessi, ha inviato via pec gli avvisi bonari con l’applicazione della sanzione del 10% e degli interessi dovuti. Quanto accaduto relativamente ai mancati versamenti dell’imposta sul valore aggiunto del primo trimestre è utile al contribuente per scegliere il comportamento da adottare relativamente ai mancati versamenti dei trimestri successivi: è possibile fruire del ravvedimento operoso nei giorni successivi al ricevimento della lettera di compliance, ma prima della ricezione dell’avviso bonario, che viene notificato poche settimane dopo il ricevimento dell’invito a regolarizzare l’omesso versamento.

Una volta notificato l’avviso bonario ai sensi dell’articolo 54-bis, D.P.R. 633/1972 è possibile chiederne il riesame se si ritiene che il risultato del controllo non sia corretto (si tratta di un atto non impugnabile, per cui non è possibile presentare ricorso).

Se l’ufficio riscontra degli errori ed elabora una nuova comunicazione tenendo conto delle correzioni, i termini per effettuare il pagamento integrale o della prima rata decorrono dal ricevimento dell’avviso bonario rettificato.

Qualora, invece, l’esito del controllo automatizzato che ha generato l’avviso bonario sia corretto, il contribuente può alternativamente:

  1. pagare quanto dovuto in una unica soluzione entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario, con la riduzione della sanzione a 1/3 (quindi, il 10% in luogo dell’ordinaria misura del 30%);
  2. richiedere la rateazione dell’importo dovuto tramite l’apposita funzionalità presente sul sito dell’Agenzia delle entrate. Se l’importo dovuto è inferiore a 5.000 euro, è possibile pagare in un numero massimo di 8 rate trimestrali; se l’importo dovuto è superiore a euro 5.000 è possibile pagare in un numero massimo di 20 rate trimestrali. La prima rata va sempre versata entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso bonario e sulle rate successive sono dovuti gli interessi al tasso del 3,5% annuo;
  3. lasciare scadere l’avviso non pagando e non rateizzando quanto dovuto entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. In tal caso, l’importo originario dovuto viene iscritto a ruolo con la notifica della cartella di pagamento (alcuni mesi dopo) contenente le sanzioni calcolate in misura piena (generalmente al 30% anziché al 10%), gli interessi dovuti e gli aggi di riscossione. Sarà poi possibile rateizzare la cartella di pagamento in rate mensili fino ad un massimo di 72, a seconda dell’importo dovuto e del calcolo di alcuni indici. 

Il reato di omesso versamento Iva: la soglia di 250.000 euro

L’Articolo 10-ter, D.Lgs. 74/2000 sancisce che sia punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versi l’Iva dovuta in base alla dichiarazione Iva annuale per un ammontare superiore a 250.000 euro per ciascun periodo di imposta, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (27 dicembre). L’articolo 13, D.Lgs. 74/2000 prevede delle cause di non punibilità del reato di cui all’articolo 10-ter qualora i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, siano estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti.

La norma individua la soglia di 250.000 euro nell’ammontare dell’Iva dovuta sulla base delle liquidazioni periodiche del singolo periodo di imposta, così come risultanti dalla presentazione della dichiarazione Iva (per il periodo di imposta 2017, la scadenza per inviare la dichiarazione Iva è fissata al 30 aprile 2018). La elaborazione da parte dell’Agenzia delle entrate di un avviso bonario ai sensi dell’articolo 54-bis, D.P.R. 633/1972 relativo ad uno dei primi 3 trimestri del periodo di imposta 2017, che viene notificato al contribuente in data antecedente al termine di presentazione della dichiarazione Iva annuale (30 aprile dell’anno successivo), determina la necessità di tenere monitorata la soglia dell’imposta sul valore aggiunto non versata, distinguendola dalle componenti di sanzioni e di interessi che determinano l’ammontare complessivo dovuto risultante dall’avviso bonario. Nel caso di pagamento rateale degli stessi è opportuno iscrivere il debito complessivo (comprese sanzioni e interessi) risultante dall’avviso bonario in un nuovo sotto conto contabile denominato “Debito Iva I trim. 2017”. Si tenga, infine, presente, che con la rateazione dell’avviso bonario non si ottengono benefici ai fini della verifica della predetta soglia dei 250.000 euro, posto che ai fini della consumazione del reato conta unicamente il debito di imposta che risulta tale alla data del 27 dicembre dell’anno successivo (lo stesso, in ogni, caso, verrà quindi decurtato delle eventuali rate, in quota capitale, corrisposte fino alla predetta data).

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.