È stato finalmente pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio 2018, il D.L. 87/2018, ribattezzato “Decreto Dignità”, primo atto di indirizzo del nuovo Governo e attualmente in corso di conversione alla Camera.

Nella tavola sinottica che segue si sintetizzano le novità introdotte.

Argomento Articolo
Modifica alla disciplina del contratto a tempo determinato

Il contratto a termine vede riscritti importanti passaggi della propria disciplina, con l’introduzione di nuovi limitazioni nel suo utilizzo, sia nella fase genetica del rapporto sia nella successive fasi di proroga o rinnovo.

Innanzitutto con l’articolo 1, D.L. 87/2018, modificando l’articolo 19, comma 1, D.Lgs. 81/2015, viene ridotto a 12 mesi il limite di durata massima del contratto a tempo determinato. Per poter stipulare contratti di durata superiore, comunque nel limite massimo di 24 mesi, è necessario essere in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

1. esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;

2. esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

In base alla disciplina previgente, il limite di durata massima del contratto a termine era pari a 36 mesi, senza mai la necessità di giustificare l’assunzione con causali.

In virtù poi di quanto previsto alla lettera b del comma 1 dell’articolo 1, D.L. 87/2018, tali giustificazioni si rendono necessarie anche quando il contratto viene rinnovato, a prescindere dalla sua durata iniziale (dal tenore della norma, non vi è alcuna precisazione su quali rinnovi rientrino in tale obbligo). Viceversa, si prevede che la proroga sia libera nei primi 12 mesi, mentre superato complessivamente tale limite, si rendono necessarie le giustificazioni.

Contestualmente, intervenendo sul comma 2 dell’articolo 19, viene abbassato a 24 mesi anche il limite massimo per sommatoria tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale.

Rimangono esclusi da tale limite le attività stagionali e le disposizioni in deroga previste dalla contrattazione collettiva, di qualunque livello, purché siglata da sindacati comparativamente più rappresentativi (articolo 51, D.Lgs. 81/2015).

Per i contratti per attività stagionali, è inoltre specificato che le proroghe o i rinnovi non necessitano della specificazione delle causali.

L’introduzione delle causali ha richiesto la revisione anche delle disposizioni relative alla forma del contratto: con una modifica al comma 4 dell’articolo 29, D.Lgs. 81/2015, si richiede che l’atto scritto, in caso di rinnovo o di proroga superiore a 12 mesi, contenga la specificazione delle esigenze necessarie previste ora al comma 1 dell’articolo 19. Stranamente, nulla si dice se il contratto originariamente ha una durata superiore a 12 mesi, ma si ritiene, soprattutto ai fini probatori, che anche in tal caso si debbano formalizzare le condizioni previste dal comma 1 dell’articolo 19.

In materia di proroga, la lettera b, comma 1, D.L. 87/2018 riduce a 4 – erano 5 – il numero massimo di proroghe, nell’arco di 24 mesi – erano 36.

È rimasto in vigore il comma 3 dell’articolo 19, che legittima un ulteriore contratto a termine, di durata massima di 12 mesi da stipularsi presso l’ITL.

Viene poi modificato il termine di decadenza di impugnazione, 180 giorni a decorrere dalla scadenza del singolo contratto (120 il termine precedente). L’impugnazione deve poi essere seguita entro 180 giorni dal deposito del ricorso giudiziale o da tentativo di conciliazione (con ulteriori 60 giorni per il deposito del ricorso giudiziale, se non va a buon fine la conciliazione).

Al fine di gestire il c.d. diritto intertemporale, il comma 2 dell’articolo 1, D.L. 87/2018 prevede che le novità introdotte siano applicabili ai contratti a tempo determinato stipulati dopo l’entrata in vigore del D.L., nonché ai rinnovi e alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 87/2018.

Articolo 1
Modifica della disciplina della somministrazione di lavoro

Mediante una modifica dell’articolo 34, D.Lgs. 81/2015, che si vede sostituito il primo periodo del comma 2, i lavoratori assunti per lo svolgimento di prestazioni in somministrazione ora sono soggetti all’intera disciplina prevista per i lavoratori a termine (Capo III, D.Lgs. 81/2015), compresi i limiti di durata (24 mesi, con necessità di causale oltre i 12 mesi), dei rinnovi (24 mesi) e delle proroghe (4), con l’esclusione soltanto della disciplina sui limiti massimi di contingentamento (articolo 23) e diritto di precedenza (articolo 24).

Articolo 2
Indennità per licenziamento ingiustificato

Con un intervento mirato, sono state aumentate le indennità in un caso specifico di licenziamento illegittimo per i lavoratori a tutele crescenti, assunti dopo il 7 aprile 2015 e soggetti a tale disciplina.

Mediante modifica del comma 1 dell’articolo 3, D.Lgs. 23/2015, la sanzione risarcitoria prevista come regola generale, per le imprese con più di 15 dipendenti, passa da 4 – 24 mensilità a 6 – 36 mensilità, con un aumento di 2 mensilità come risarcimento minimo e un aumento del limite massimo a 36 mesi, così da incrementare l’indennità per i lavoratori con elevate anzianità (l’indennità, oltre le 6 mensilità, matura con 2 mensilità per ogni anno di servizio).

Per le imprese fino a 15 dipendenti, l’ammontare dell’indennità (articolo 9, D.Lgs. 23/2015) è dimezzato rispetto a quello definito dall’articolo 3, comma 1, della stessa legge: tuttavia non è stato modificato l’ultimo periodo dell’articolo 9, che fissa come limite di indennizzo 6 mensilità: pertanto, i lavoratori delle piccole imprese non beneficeranno di alcun incremento.

Articolo 3, comma 1
Aumento contributi contratto a termine

Viene aumentato il contributo addizionale per i contratti a tempo determinato, anche in somministrazione, in occasione di ciascun rinnovo, dello 0,5%.

Essendo in via ordinaria il contributo pari all’1,4%, in occasione del rinnovo il contributo addizionale passerà all’1,9%.

Articolo 3, comma 2
Contratti stipulati dalla P.A.

In deroga a quanto previsto agli articoli 1, 2 e 3, la riforma ivi contenuta non si applica ai contratti stipulati dalla P.A..

Articolo 3, comma 3
Differimento termine di esecutività dei provvedimenti verso i docenti con diploma magistrale

Viene previsto, con il fine di garantire il corretto avvio dell’anno scolastico 2018-2019 e la salvaguardia della continuità didattica, che i termini per l’esecuzione delle decisioni giurisdizionali comportanti la decadenza dei contratti a tempo determinato e indeterminato, stipulati fino alla data di entrata in vigore del decreto, con docenti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l’anno  scolastico 20o1-2002, si applica il termine di 120 giorni dalla notifica al Miur del provvedimento, come previsto dall’articolo 14, comma 1, D.L. 669/1996.

Articolo 4
Lotta alla delocalizzazione dei siti incentivati

Al fine di disincentivare la delocalizzazione della produzione, viene introdotta una norma con cui è prevista la restituzione degli eventuali aiuti di Stato percepiti per la realizzazione di investimenti produttivi avviati a decorrere dal 14 luglio 2018.Al comma 1 è prevista, fatti salvi eventuali vincoli derivanti da trattati internazionali, la decadenza dall’agevolazione nel caso in cui le imprese, italiane ed estere, operanti in Italia, a fronte del percepimento di aiuti di Stato che prevedono la realizzazione di investimenti produttivi, procedono a delocalizzare l’attività economica interessata o parte di essa in Stati extra UE, a eccezione di quelli aderenti allo SEE, entro 5 anni dalla conclusione dell’iniziativa agevolata. Il successivo comma 2 estende la decadenza alle ipotesi di aiuti di Stato erogati, sempre nei confronti di imprese italiane ed estere operanti sul territorio nazionale, a fronte della realizzazione di investimenti produttivi specificatamente localizzati. La decadenza scatta nel caso in cui tale attività o parte di essa venga delocalizzata dal sito incentivato, anche se rimane in territorio nazionale, comunitario o appartenente a Stati aderenti allo SEE, nel termine di 5 anni dalla data di conclusione dell’iniziativa o del completamento dell’investimento agevolato. Il comma 6 si occupa di definire, ai fini del solo “Decreto Dignità”, il concetto di delocalizzazione che deve intendersi come il trasferimento di attività economica o di sua parte dal sito produttivo incentivato ad altro sito da parte della medesima impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa con la quale vi sia rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell’articolo 2359, cod. civ..

In ragione dell’ampiezza del perimetro cui viene applicata la norma, viene demandata alle singole Amministrazioni interessate, a mezzo di un regolamento, l’individuazione dei termini e delle modalità ai fini del controllo del rispetto temporale, nonché dell’eventuale restituzione dell’aiuto indebito. Infatti, al verificarsi della delocalizzazione il contribuente dovrà restituire l’aiuto percepito maggiorato di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data dell’erogazione o fruizione dell’aiuto, maggiorato del 5%.

Per tali somme, che confluiranno alle entrate del bilancio dello Stato ai fini di una loro riassegnazione, si rende applicabile quanto previsto dall’articolo 9, comma 5, D.Lgs. 123/1998 e quindi sono preferite a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e dei crediti ex articolo 2751-bis, cod. civ., e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Il recupero prevede l’iscrizione al ruolo, ai sensi dell’articolo 67, comma 2, D.P.R. 43/1988. Inoltre, nella sola ipotesi di delocalizzazione in Paesi extra UE, è prevista la comminazione di una sanzione amministrativa nella misura compresa tra 2 e 4 volte l’importo dell’aiuto fruito. Resta inteso, quale norma di chiusura, che per gli aiuti di Stato già concessi si rende applicabile la disciplina previgente, compresa la previsione, ove applicabile, di cui all’articolo 1, comma 60, L. 147/2013 con cui è prevista la decadenza dall’agevolazione consistente in contributi pubblici in conto capitale, qualora, entro 3 anni dalla concessione degli stessi, vi sia una delocalizzazione della produzione dal sito incentivato a uno Stato extra europeo, con conseguente riduzione del personale di almeno il 50 %.

Articolo 5
Mantenimento del livello occupazione nelle imprese incentivate

Per gli aiuti concessi successivamente all’entrata in vigore del Decreto dignità, a imprese italiane ed estere, che prevedono la valutazione dell’impatto occupazionale, è prevista la decadenza nell’ipotesi in cui vi sia, nel quinquennio successivo alla data di completamento dell’investimento, una riduzione del livello occupazionale superiore al 10%.

Non si ha decadenza nei casi che sono riconducibili a giustificato motivo oggettivo.

La decadenza si ha proporzionalmente alla riduzione del livello occupazionale; tuttavia, nell’ipotesi di riduzione del livello superiore al 50% la decadenza dall’aiuto è integrale.

L’importo da restituire viene maggiorato di un tasso di interesse pari al tasso ufficiale di riferimento vigente alla data dell’erogazione o fruizione dell’aiuto, maggiorato del 5%.

Viene anche in questo caso viene demandata alle singole Amministrazioni interessate, a mezzo di un regolamento, l’individuazione dei termini e delle modalità ai fini del controllo del rispetto temporale, nonché dell’eventuale restituzione dell’aiuto indebito.

Inoltre, per le somme, che confluiranno alle entrate del bilancio dello Stato ai fini di una loro riassegnazione, si rende applicabile quanto previsto dall’articolo 9, comma 5, D.Lgs. 123/1998 e quindi sono preferite a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e dei crediti ex articolo 2751-bis, cod. civ., e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Il recupero prevede l’iscrizione al ruolo, ai sensi dell’articolo 67, comma 2, D.P.R. 43/1988.

Articolo 6
Nuove limitazioni per l’iper ammortamento

Per gli investimenti effettuati a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto Dignità aventi le caratteristiche per poter fruire dell’agevolazione c.d. iper ammortamento come prevista dall’articolo 1, comma 9, L. 232/2016, è prevista una limitazione territoriale in quanto i beni agevolabili devono essere obbligatoriamente destinati a strutture produttive situate nel territorio italiano.

Inoltre, è previsto che tale destinazione permanga per tutta la durata della fruizione della maggiorazione, essendo previsto il recupero dell’iper ammortamento nel caso in cui i beni agevolati vengano ceduti a titolo oneroso o destinati a strutture produttive situate all’estero, anche se appartenenti alla stessa impresa.

Il recupero avviene attraverso una variazione in aumento del reddito imponibile del periodo d’imposta in cui si verifica la cessione a titolo oneroso o la delocalizzazione degli investimenti agevolati per un importo pari alle maggiorazioni delle quote di ammortamento complessivamente dedotte nei precedenti periodi d’imposta, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Per espressa previsione normativa, sono esclusi da tale regime gli interventi sostitutivi effettuati ai sensi dell’articolo 1, commi 35 e 36, L. 205/2017.

Articolo 7
Cambiano in corsa le regole per il credito R&S

Non si considerano ammissibili ai fini del calcolo del credito di imposta per R&S di cui al D.L. 145/2013, i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni riconducibili a competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne (articolo 3, comma 6, lettera d), L. 145/2013), nel caso in cui derivino da operazioni intercorse con imprese appartenenti al medesimo gruppo.

Ai fini della presente norma si considerano appartenenti al medesimo gruppo le imprese controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto ai sensi dell’articolo 2359, cod. civ. inclusi i soggetti diversi dalle società di capitali. Nel caso di persone fisiche si tiene conto anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati ai sensi dell’articolo 5, comma 5, Tuir.

Derogando a quanto previsto dallo Statuto del contribuente, le regole di cui sopra si rendono applicabili a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Dignità, anche in relazione al calcolo dei costi ammissibili imputabili ai periodi d’imposta rilevanti per la determinazione della media di raffronto. Per gli acquisti derivanti da operazioni infragruppo intervenute nel corso dei periodi d’imposta precedenti resta comunque ferma l’esclusione dai costi ammissibili della parte del costo di acquisto corrispondente ai costi già attributi in precedenza all’impresa italiana in ragione della partecipazione ai progetti di ricerca e sviluppo relativi ai beni oggetto di acquisto. Da ultimo, il comma 3 prevede che agli effetti della disciplina del credito d’imposta, i costi sostenuti per l’acquisto, anche in licenza d’uso, dei beni immateriali sopra richiamati assumono rilevanza solo se i suddetti beni siano utilizzati direttamente ed esclusivamente nello svolgimento di attività di ricerca e sviluppo considerate ammissibili al beneficio.

Articolo 8
Stop alla pubblicità dei giochi con eccezione

Vinee introdotto il divieto, a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto Dignità di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali o artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet.

Inoltre, con decorrenza 1° gennaio 2019, il divieto viene esteso alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive ed acustiche e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti la cui pubblicità.

Il mancato rispetto comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria nelle misura del 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e in ogni caso non inferiore, per ogni violazione, a un importo minimo di 50.000,00 euro.

Sono espressamente escluse dal divieto di cui sopra le lotterie nazionali a estrazione differita di cui all’articolo 21, comma 6, D.L. 78/2009.

Ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del Decreto Dignità, fino alla loro scadenza e comunque per non più di 1 anno dalla data di entrata in vigore, si rende applicabile la normativa previgente.

Articolo 9
Redditometro

Viene prevista una rivisitazione del c.d. redditometro, fermo restando l’applicabilità dell’attuale versione per gli anni di imposta fino al 31 dicembre 2015 e, in ogni caso, per tutti gli atti già notificati; infatti, l’attuale versione è abrogata con effetto a decorrere dall’anno di imposta in corso al 31 dicembre 2016.

Per il futuro è previsto che l’individuazione degli indici di riferimento, sempre su base biennale, venga effettuata sentiti l’Istat e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa ed alla propensione al risparmio dei contribuenti.

Articolo 10
Spesometro

Viene prorogato al 28 febbraio 2019 il termine per l’invio dei dati relativi al III trimestre 2018.

Vengono, inoltre, individuati i termini per l’invio del nuovo spesometro semestrale, rispettivamente nel 30 settembre per quello relativo al I semestre e nel 28 febbraio per il II semestre.

Articolo 10
Split payment

Viene ridotto il perimetro applicativo dello split payment, escludendolo per i compensi per prestazioni di servizi dei professionisti, riferiti a operazioni per le quali viene emessa la fattura a decorrere dall’entrata in vigore del Decreto Dignità. Nello specifico, per effetto delle modifiche introdotte, lo split payment non si applica alle prestazioni assoggettate a “ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.

 

 

 

Articolo 12

Stop alle sportive dilettantistiche lucrative

Con il comma 1 vengono abrogati i commi della L. 205/2017 che istituivano la nuova figura della società sportiva dilettantistica lucrativa (fattispecie che, di fatto, non era mai partita in quanto il Coni non ne aveva ancora deliberato la disciplina applicativa del riconoscimento ai fini sportivi) e la qualificazione quali collaborazione coordinata e continuativa dei compensi sportivi sia se erogati da associazioni e società sportive non lucrative sia lucrative. Viene fatto salvo l’incremento a 10.000 euro annui dei compensi erogati a tale titolo non soggetti a ritenuta.

Conseguentemente il comma 2 procede alla soppressione dell’estensione alle lucrative della deroga prevista per le non lucrative di obbligo della applicazione delle norme di lavoro subordinato in presenza di collaborazioni organizzate dal committente per quanto riguarda i tempi e i luoghi di lavoro previste dall’articolo 2, comma 1, Jobs act.

Il comma 3 procede alla soppressione della possibilità di applicare l’aliquota Iva del 10% da parte delle lucrative.

Con il comma 4 si procede al ripristino del testo originario dei commi 24, 25 e 26 dell’articolo 90, L. 289/2002 in merito all’affidamento nella gestione di impianti sportivi pubblici a causa dell’abrogazione di ogni riferimento alla lucrativa.

Infine, il comma 5 procede all’istituzione di un fondo presso la Presidenza del CdM “da destinare ad interventi in favore delle società sportive dilettantistiche” con le risorse reperite mediante le maggiori entrate e le minori spese derivanti dai contenuti dei commi 1–3.

Articolo 13

Lo studio rimane a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.